ESTRATTI DALLA RASSEGNA STAMPA
regie Massimo Costabile

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L'ULTIMA
CHANCE
(1985)
La Repubblica (24/04/1986)
NOI,
PRIGIONIERI DEL TEMPO LIBERO
"... Con l'accompagnamento
di musiche ripetitive e brani di conversazioni
beckettiani, nastri registrati, dialoghi al
magnetofono, cuffie ad alto volume, "
i giocatori", con l'Ultima Chance tentano
il rilancio di sensibilità perdute.
Lo spettacolo con il suo diligente repertorio
di enigmi e di indecifrabili incubi un pò
magrittiani ci torna a proporre il tema dell'Assurdo
in confezione ludica: un calvario di gesti
mancati, lanci senza risposta, partite senza
avversari, solitudini metropolitane. Dalla
prigione del Tempo Libero non si esce."
(Nico Garrone)
Corriere della sera
(26/04/1986)
VITA
ALLA MOVIOLA
"...'Ma a che serve
scoraggiarsi proprio adesso, bisognava pensarci
molti secoli fa, verso il 1900', commenta
una voce, ad indicare una dilatazione del
tempo e, assieme, una sua immobile continuità,
nell'identità tra oggi e domani. Così,
tra frasi che rendono il disagio esistenziale
e un andar di corsa, ecco comparire, come
momenti della memoria,un inizio secolo da
copertina di giornale illustrato: un uomo
con la bici, una donna con ombrellino rosa,
etc..., e, più avanti, altri accenni
al gioco, dai dadi al golf. Il mondo di ieri
arriva lento, con movimenti ripetuti anch'essi,
ma al rallentatore..." (P.P.)
Il Soldo (18/05/1985)
INCONTRAZIONE
'85
"...Antonante e
Costabile, registi e ideatori, dello spettacolo
ci hannop offerto un esempio di Teatro Immagine
che trova in Bob Wilson il padre di questo
genere.Lo spettacolo si fa apprezzare per
alcune immagini interessanti come quelle nevrotiche-schizzoidi
della società odierna contrapposte
a quelle pacate-tranquille dei tempi passati..."
(Gigi Giacobbe)
La Sicilia (20/05/1986)
COMUNICARE
COL GESTO
"...La rappresentazione
è di un raro rigore formale e preziosa
nella sua funzionalità e linearità
.... rileviamo la bellezza di alcuni frammenti,
nonchè l'osservazione della musica
che fa da supporto all'azione dando a quest'ultima
una dimensione che sta tra l'onirico e il
mostruoso con effetti di straniante livore;
e lodiamo l'impegno dei tre protagonisti in
una performance piena di insidie formali e
finanche materiali..." (Domenico Danzuso)
L'ORA (15/05/1986)
LA
MEMORIA A PEZZI
"...I tre personaggi
entrano in scena a braccia conserte,con le
mani in tasca,lentamente,con il ritmo tipico
di una sequenza cinematografica vista al rallentatore.I
tre hanno un destino,un triste destino,aggirarsi
per la scena senza incontrarsi mai,senza nemmeno
sfiorarsi,mentre la loro unica "chance"
sembra essere quella del gioco,un gioco continuo,estenuante,a
tratti disperato,un gioco che i tre consumano
in perfetta solitudine...memoria:nell'assordante
rumore di un vetro che si stacca da una gigantesca
fotografia di scena.Che sia quello il momento,apparentemente
sospirato,del "rien ne va plus"?
(Francesca Taormina)
Carlino Reggio (22/04/1986)
POCO
IL PUBBLICO PER I BRAVI RAT
"...Un'ora di ritmi
alternativamente frenetici e pacati in un
alienante mondo quotidiano. Le immagini di
oggi e di ieri si alternano in un gioco ad
incastro che scandisce il ritmo dello spettacolo.
Un gioco anche crudele che non ammette una
vitale presenza dell'uomo:l'uomo non parla
e le poche parole che sentiamo sono deformate
dal registratore o dal microfono. L'ultima,anzi
"l'ultimissima chance" è
nella capacità di ritrovare le fantasie
dell'infanzia."
Il Giornale di Sicilia
(16/05/1986)
INCONTRAZIONE.DI SCENA GRUPPI DI BOLOGNA E
COSENZA
"...Olocausto e
millenarismo anche nell'Ultima Chance del
Centro R.A.T. di Cosenza. Antonante e Costabile,
in scena insieme ad Antonella Carbone, affascinati
dai "miti della caduta", hanno colto
i segni del tracollo, preannunciati dai ritmi
mozzafiato delle nostre giornate, dal non-senso
dell'esistenza consumistica. Anche il tempo
libero, chimera delle città industrializzate,
è lo specchio e il contraltare assurdo,
del "TEMPO IMPIEGATO" a far girare
i vuoti meccanismi. Lo "stile di vita"
è raccontato all'interno di una stanza
dei giochi- torture dove ai meccanismi comportamentali
si sono andati contrapponendo i "quadri
antichi" della nostra buona coscienza..."
(Giosuè Calaciura)
La Gazzetta del Sud
(05/04/1986)
ACUTA
NOSTALGIA PER ANTICHE FAVOLE
"... La performance
punta tutto sull'ossessività cinetica
e visiva del gioco in sè, con i tre
attori impegnati su percorsi "ludici"
paralleli e ripetitivi, che non entrano quasi
mai in correlazione. Alla violenza del gioco
per il gioco corrisponde la sospensione di
memoria in cui è lecito accompagnare
pigramente biciclette, giocare a golf, andare
a caccia di farfalle, mentre cavallucci di
legno girano sulla giostra e un trenino luminoso
percorre lentamente una invisibile rotaia,
in alto, nel buio. Che ci porti un Godot..."
(P.B.)
Espresso Sera (02/05/1986)
COME
ERAMO BRAVI CON L'AVANGUARDIA
"... L'ultima Chance
usa con abilità molte risorse multimediali
per creare un clima da teatro dell'assurdo.
La desolante riflessione sull'incomunicabilità
sfrutta, infatti, la colonna musicale,gli
effetti sonori, i giochi di luce, per un serie
di sequenze cinematografiche che si alternano
a simboliche esibizioni gestuali e mimiche,
col raro intervento delle voci, anche fuori
campo in playback..." (Gaetano Caponetto)
Il Gazzettino di Padova
(23/03/1986)
L'ISOLAMENTO
DELL'UOMO IN UN'ULTIMA CHANCE CHE SFOCIA NEL
GIOCO
"... Un universo
chiuso all'interno del quale si consuma una
gestualità frenetica e solitaria, fatta
di un presente che isola e ostacola la comunicazione
e di un passato che ritorna come infanzia
e ricordo. Antonante e Costabile bandiscono
quasi integralmente la parola (riaffiora solo
a tratti amplificata dai microfoni o registrata)
e puntano tutto sul gesto, attento alla costruzione
dell'immagine, in un "montaggio"
che assomma alle inquietudini del quotidiano,
la trasognata distanza della memoria..."
(M.G.B)
Oggi Sud (20.04.1986)
"...
L'unica salvezza, L'ULTIMA CHANCE,
è il gioco, l'ultimo rifugio irreale
del grigiore quotidiano; ma l'inutilità
e l'angoscia del gioco stesso hanno il sopravvento,
anche se la ragione rifiuta di arrendersi,
e l'ultima possibilità viene giocata,
l'ultimo lancio viene tentato e il vetro del
labirinto si spacca. Antonante e Costabile
hanno costruito uno spettacolo e significativo
dove tutto èindispensabile, dalla scenografia
(grigia) curata da Dora Ricca, alle musiche
spesso ossessive che scandiscono le varie
azioni del tempo..." (Salvatore Caracciolo)
Secolo D'Italia (29,04,1986)
SOLI
NEL LABIRINTO DELL'INCOMUNICABILITA'
"... L'ultima Chanche
che pu~ essere considerata la più recente
produzione ispirata al teatro dell'Assurdo
, affronta il complesso tema della solitudine.
In scena tre personaggi isolati l'uno dall'altro
occupati "involontariamente" ad
inseguire senza pause il loro tempo presente
e passato, incastrati nel labirinto del non
senso e dell'inutile. la propria grigia avventura,
condannati comunque a correre, correreesenza
mai fermarsi, incatenati in una girandola
di balletti senza sosta e senza meta, intenti
a giocare con i dadi dell'esistenza in cui
inevitabilmente e forse anche fatalmente rimarranno
sconfitti..." (Nicola Caspito)
Gazzetta del Sud (12.04.1986)
L'AMBIGUITA'
DEL QUOTIDIANO CON PERSONAGGI CONDIZIONATI
"... Correre, instancabilmente,
senza mai un attimo di sosta. Salire, arrampicarsi,
ma con la sommità da raggiungere sempre
in alto, lontana. Volere a tutti i costi,
cercare per ogni dove: tutti, nello stesso
tempo e più o meno allo stesso modo,
ma ciascuno per proprio conto ed in antitesi
ad ogni altro... Muoversi, rendere, andare
avanti come un ingranaggio senz'anima senza
possibilità di bloccarlo o distruggerlo
se non con la morte: è il "sacrificio"
di cui è vittima l'uomo d'oggi ed è
anche, fra tante possibili, la chiave di lettura
più accettabile, immediata e spontanea
dell'ULTIMA CHANCE..." (Antonio Garro)
Il Tempo (26.04.1986)
DUE
UOMINI E UNA DONNA PER GIOCO
"... In scena due
uomini e una donna ed alcuni oggetti (una
cabina di vetro, una gabbia, una scala da
esercizi ginnici) ai quali i personaggi sono
come ancorati. Corrono, saltano, ripetono
affannosamente all'infinito gli stessi gesti,
simulando il frenetico "iter" dell'uomo
moderno, condannato all'isolamento e all'infelicità.
Nel coacervo di immagini quelle che tornano
con maggiore insistenza sono legate al gioco,
inteso evidentemente come unica possibilità
di alternativa all'alienazione dell'uomo di
oggi..." (FR.BON)
Il Gazzettino di Verona
(09/03/1986)
E'
PROPRIO L'ULTIMA CHANCE
"... Questo spettacolo,
che si ispira in modo, vivace e intelligente,
al teatro dell'Assurdo, si presenta come una
successione ad incastro di immagini poetiche,
dove l'azione vive in rapporto continuo tra
la visione reale e l'immaginario, tra il presente
e il passato. I personaggi di questo stralcio
di vita solitudinaria riescono ad affrontare
il loro vivere quotidiano ritornando, per
brevi attimi, bambini: si va a caccia di farfalle,
si gioca a biliardino, ma non si riesce a
trovare la chiave per comunicarte, per abbattere
la barriere che dividono gli uomini. In uno
spazio, forse un p¥ compresso, gli attori
hanno saputo catturare un'interpretazione
veramente suggestiva..." (E.C.)
L'arena di Verona (14/03/1986)
UNA
CHANCE FORSE L'ULTIMA
"...In uno spazio
occupato da oggetti a noi familiari,ma al
tempo stesso inusuali per un ambiente scenografico,come
un flipper,una porta girevole,una scala,delle
"veneziane",si susseguono le azioni
dei tre bravi protagonisti.Sulla scia di una
colonna sonora piacevolissima,i tre corrono,si
muovono,salgono,e scendono ritmati dalla stessa
frenesia che incalza l'uomo moderno... Antonello
Antonante e Massimo Costabile hanno ideato
uno spettacolo accattivante, prezioso, didattico.
(Claudio Capitini) |
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ANGELI
IN DELIRIO
(1986)
Gazzettino
del Crati (30/11/1986)
L'AMORE
PERDUTO
"...Vagamente echeggiante l'"Amour Braque"
di Zulawski,il nuovo spettacolo del Centro
RAT sancisce il completamento di una svolta
che,maturata negli ultimi anni,dopo alcune
incertezze,colloca definitivamente questo
gruppo nel magma fascinoso della sperimentazione...
Lo sviluppo delle azioni è su due livelli:un
primo di teatro-danza,un secondo di recitazione,con
tre attori.Lui e lei, non riescono,nel caos
dei rumori,interposizioni,distrazioni,equivoci
a materializzare il loro amore. (Angelo Fasano)
Trovotutto
(16-22/04/1987)
NEL
CAOS CITTADINO O NEL SILENZIO DEL DESERTO
LA STORIA DELLA CONTINUA RICERCA AI MARGINI
DELLA INCOMUNICABILITA'
"...Incomunicabilità messa in opera, nel susseguirsi
di una continua ricerca dei due protagonisti
affiancati da un emblematico terzo personaggio:brevi
incontri che spaziano dal reale all'onirico,dalla
pura recitazione teatrale alla danza. Le azioni
dei due, cos'ì apparentemente avulse le une
dalle altre,sono abilmente portate sulla scena:uno
spazio teatrale diviso in due ambienti di
recitazione in cui lo stesso telefono collocato
nel deserto o la emblematica clessidra,acuiscono
i toni della incomunicabilità,elevando fra
i personaggi stessi un muro insopportabile..."
Gazzetta del
Sud (13/11/1986)
SE
NON C'E' COMUNICABILITA' GLI ANGELI VANNO
IN DELIRIO
"...E' un campo d'azione non nuovo per Massimo
Costabile lo scandagliare fra le pieghe(o,meglio,le
piaghe) di questo multiforme male dell'essere
moderno:l'incomunicabilità. In "Angeli in
delirio" ad essere focalizzata è una forma,diciamo,meno
deprimente del male, più "dinamica":quella
caratterizzata dal desiderio (represso), dall'anelito
di contatto, di dialogo, di un incontro che
è sempre possibile. Affidata in gran parte
alla gestualità, la "storia" viene fuori attraverso
immagini e sequenze che,mescolano il reale
e l'immaginario, scomponendo e ricomponendo
alla rinfusa spazio e tempo,si intersecano,si
annullano,si sovrappongono,si ridelineano
nel pieno rispetto di quelli che sono i canoni
del nuovo modo di fare teatro..." (Antonio
Garro) |
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RICOSTRUZIONE
DI UN DELITTO (1988)
L'unità
( 04/03/1989)
WOYZECK
UCCIDE IN CALABRIA
"...
le citazioni esplicite dall'incompiuto quanto
geniale dramma dell'autore tedesco si limitano
a poche battute, accentrate nell'estremo colloquio
fra Maria e Franz, quando lo sventurato protagonista
è sul punto di uccidere l'amante traditrice:
episodio qui visualizzato più volte, anche
se il gesto omicida rimane sempre come sospeso
a mezzo, immagine d'incubo più che evento
materiale. E come in un sogno angoscioso....
L'insieme è di un'eleganza notevole." (Aggeo
Savioli)
La
Repubblica (07/03/1989)
WOYZECK
CON IL TRENCH. Dentro il bosco un "blow
up" teatrale.
"Ricostruzione
di un delitto, sorta di istruttoria clinica
e visionaria delle pulsioni che inducono Woyzeck
ad uccidere la compagna, è il condensarsi
lento di un'estasi nera, un lavoro di frammenti
e di immagini che Massimo Costabile ha tratto
da Buchner per plasmare una serie di quadri
scenici. Quello a cui si assiste è una radiografia
di sensi riposti, di consapevolezze lancinanti..."
(Rodolfo Giammarco)
Corriere
dela Sera (04/03/1989)
FOGLIE
E ACQUA COPRONO WOYZECK
Costabile
propone una sua favola drammatica, nelmorbido
grembo di un bosco con riferimenti psicoanalitici
e un'atmosfera tra il decadente e il liberty.
Rimangono alcune grida, singulti spezzettati
d'ascendenza buchneriana, ma la forma è
poi divertsa, stilizzata con risvolti dolci
e malinconici..." (Paolo Petroni)
Il
Piccolisssimo (7/07/1988)
RICOSTRUZIONE
DI UN DELITTO
"...Un
vero e proprio gioco ad incastri multipli.
Una "ricostruzione" dal vivo, cioè
dal di dentro, e senza "anestesia".
Una storia ripercorsa nel disperato tentativo
di trovare quel bandolo che non c'è.
L'amore come metafora impossibile da decifrare.
Urlato e negato. Coinvolto nel gioco perfido
delle scatole cinesi dei desideri, delle passioni,
delle paure. E' il delitto come "fine".
Appuntamento ultimo ed inesorabile...."
(E. C.)
Paese
Sera (13/05/1989)
RICOSTRUZIONE
DI UN DELITTO OVVERO LA CRISI DI UNA COPPIA
"...il
delitto, momento carismatico della messa in
scena, è rappresentato attraverso dei flashback
che, analizzando, scandagliando e ricostruendo
l'azione, danno la possibilità di immaginare
la dinamica dei fatti, pur non mostrandola
nella sua interezza. Così il gioco psicologico
viene fuori nella sua tortuosità, seguendo
la migliore tradizione nera di certa narrativa.
Inoltre, l'avvalersi di una tecnica cinematografica
per la rappresentazione, colloca il Centro
R.A.T. nei nuovi moduli di sperimentazione
teatrale, in una ricerca di comunicazione
spettacolare che punta sulla suggestione dell'immagine,
filtrandola attraverso la sostanza del teatro..."
(D.M.)
Gazzettino
del Crati (30/07/1988)
L'AUTUNNO
TRISTE DEL CUORE IMPAZZITO
"...La
regia di Massimo Costabile si fa apprezzare
per la delicatezza di alcune soluzioni sceniche.
Il pedale che usa è quello del rendere
le cose in modo sommesso, appena accennato:
questo comporta una stilizzazione sia scenica
che recitativa che è una delle cose
più belle dello spettacolo.Come nell'arte
giapponese, qui tutto è ridotto all'essenziale...Un'atmosfera
lenta, calma ma gravida di fermenti e tensioni
che ci ha subito convinto: un'atmosfera e
un "clima" da favola giapponese,
da teatro NO, da film di Tarkovskij, così
vagamente autunnale: un autunno spirituale,
della nostra interiorità offesa nel
cercare l'altro e nel trovare solo la proiezione
di noi stessi, uno specchio d'acqua infranto
dalle nostre lacrime colpevoli" (Angelo
Fasano)
Il
Centro - Quotidiano dell'abruzzo
(27 /02/1989)
ELEGANTE
"RICOSTRUZIONE DI UN DELITTO" AL
FLORIAN
"...un
lavoro in cui il linguaggio del teatro classico
e el teatro di ricerca si mescolano e danno
vita ad una rappresentazione dai toni poetici
e drammaticamente intensi. Un'operazione che
punta ad interiorizzare la vicenda per scavare
nella psicologia dei personaggiUno spettacolo
coinvolgente, esaltato dalla bravura degli
interpreti..." (Jolanda Ferrara)
La
Gazzetta del Mezzogiorno (14/03/1989)
L'URLO
MUTO DELL'UOMO IN UN DELITTO RIVISITATO
...Davanti ad un velo d'acqua gocciolante
e frusciante (pioggia o liquido amniotico
o valico trasparente) si succedono i frammenti
visivi e verbali di Ricostruzione di un Delitto.
In questa "Rivisitazione", l'elemento
dell'uccisione è l'unico che viene
trattato drammaturgicamente, e poi replicato,
amplificato, rispecchiato, interiorizzato
nel continuo proporsi dei due personaggi per
svilupparsi poi in momenti visivi di fredda
suggestione...." (Pasquale Bellini)
Il
Giornale di Sicilia (07
/05/1989)
WOYZECK
E MARIA LAMPI DI MEMORIA PER UN DELIRIO A
DUE
"...Al
buio si riesce a percepire solo lo sciacquio
insistente. Forse la pioggia, o forse un ruscello
che scende in mille rivoli lungo la parete.
Lo spazio è un luogo agreste tto violento.
Narrata con suggestione, fra mille rivoli
d'acqua e foglie secche disseminate sul palco,
la storia è quella di due amanti, la
cui fine tragica viene lentamente ricostruita....
Simbolico e suggestivo, ma sempre contenuto
e lucidamente razionale, è uno di quegli
spettacoli che vanno visti..." (C.F.)
Unione
Sarda (02 /04/1989)
SE VA IN SCENA UN DELITTO...
"... Uccidere e morire di sete d'amore.
Da uomo a inesausto rapace disalato, ridotto
a barcollare sull'unico ponte che la vita
gli tende. Con gli occhi piantati sull'abisso,
sbarrati sul corpo di lei. Ucciderla per essere
vivo e libero nella trappola dello "zero
cosmico".... Lo spettacolo si manifesta
sulla scena come un inquietante connubio di
pulsione emotive ed esistenziali. Un gioco
al massacro dei sentimenti che la regia ha
proiettato sul palcoscenico in modo fin troppo
essenziale..." (Robero Casu)
La
Nuova Sardegna (02
/04/1989)
FOGLIE
SECCHE PER WOYZECK
"...Lui
sa già che deve uccidere, lei, che
dovrà essere uccisa: così la
natura si compie. Non si può sfuggirle.
Dal Woyzeck di Buchner, Costabile trae questo
elemento di ineluttabilità per tracciare
le suggestioni visive di Ricostruzione di
un Delitto, che rivendica una propria originalità
al di là dei riferimenti. Non è
infatti una messinscena del Woyzeck nè
propriamente una rilettura, anche se conserva
alcune battute dell'opera buchneriana a guidare
l'azione..." (R.S.)
Tribuna
Sud Italia
(Agosto 1988)
I
PERCORSI DELITTUOSI DEL CENTRO R.A.T.
"...
lo spettacolo, estremamente castigato, lascia
intuire, con eleganza, le scene cruente, mentre
si sofferma con volute dilatazioni temporali
sugli stati d'animo, sui percorsi mentali,
dei personaggi, che vengono ripercorsi e scandagliati
più volte e partendo da momenti sempre diversi
della storia, con le tecniche del montaggio
cinematografico e del flashback..." (F.
D.)
Gazzetta
del Sud (30/04/1989)
RICOSTRUZIONE
DI UN DELITTO SULLE TRACCE DI WOYZECK
"...nessuna
inchiesta poliziesca, in scena, bensì un'indagine
sul fatto di sangue, in senso psicologico.
Lo spettacolo infatti scandaglia tra gli stati
d'animo in presenza dei quali esso matura:
soprattutto la paura, l'angoscia, il dilemma
interiore che l'esecutore del delitto e la
vittima hanno in comune ..." (Antonio Garro)
Rovoc
Armehuu
STAGIONE TEATRALE IN
ARMENIA
Uno
spettacolo bello ma nello stesso tempo crudele.
Il dramma di Woyzeck viene interpretato liberamente,
liberandolo dagli elementi sociali, lasciando
solo la tragedia personale di Woyzeck e Maria.
Il regista ha cercato di creare una simbiosi
tra parola e movimento plastico. |
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E
LA TERRA GRAFFIO’ LA LUNA
(1990)
Tribuna Sud Italia (Aprile 1990)
E LA TERRA GRAFFIO'
LA LUNA
"...secondo spettacolo della coppia Costabile-Dionesalvi
che si indirizza verso un teatro di poesia,pur
tenendo conto delle sollecitazioni del teatro
d'avangardia e anche quelle del teatro classico.
L'intreccio è esile e si incentra,
per lo più, sui problemi di una donna
alle prese con un difficile tentativo di maternità.
Apprezzabili le atmosfere, la tensione drammatica
che se ne sprigiona, l'eleganza del testo
e la semplice immediatezza della scena, quell'aria
allo stesso tempo incantata e angosciata che
viene fuori nei momenti migliori dello spettacolo..."
(Raffaele De Luca)
Il
Giornale di Calabria (08 /03/1990)
BUON SUCCESSO DI PUBBLICO
PER "E LA TERRA GRAFFIO' LA LUNA"
"... In scena Yerma (Antonella Carbone)
dall'inizio alla fine.Il suo è un monologo
senza posa, che ha un'intensa drammaticità
e rari momenti di riflessione. Gli altri personaggi
intervengono soprattutto a disseminare di
voci interiori ed esteriori un percorso che
resta essenzialmente di lei.Un percorso attraverso
il dramma di una maternità fortemente
voluta e mancata,impossibile, che, nella versione
di Costabile e Dionesalvi, diviene simbolo
di una globale impossibilità a generare
e a rigenerarsi, di un tempo storico, di una
generazione..."
Il Centro - Quotidiano d'Abruzzo (09/04/1990)
SOLTANTO DISPERAZIONE
DOPO LA DURA LOTTA
"...Nella simbologia drammaturgica risolta
da Costabile, la scena incarna la luna, che
è indivisibile attraverso la sua controfigura
di carne che è la terra. Yerma (la
bravissima Antonella Carbone) lotta, si contorce,
ma "partorisce" solo disperazione.
"Meglio maledetta che dimenticata"
grida al suo compagno Juan, altro estremo
di un rapporto di coppia ormai inaridito dall'incomunicabilità....(Jolanda
Ferrara)
L'Ora (13/05/1990)
YERMA MADRE DEL SUO
DESTINO
"...Del dramma di Lorca si ritrova nello
spettacolo l'ossessione della protagonista,
il suo percorso psicologico, che gli autori
hanno immaginato a spirale .Nè la trama,
nè l'ambientazione interessano più
.Piuttosto è il senso ultimo dell'opera
di Lorca che gli autori intendono sottolineare.
Il conflitto tra necessità ed impossibilità
che progressivamente diventa follia..."
(Roberto Giambrone)
Gazzettino
del Crati (28/02/1990)
VERSO UNA NUOVA PAROLA
"...La collaborazione fra Costabile e
Dionesalvi è del tutto coerente e nasce
da una necessità forte, far si che
la ricerca sulla parola sia svolta con una
radicalità esemplare come pure quella
tematica sull'incomunicabilità nel
mondo contemporaneo che qui diventa originariamente
impossibilità di creare... C'è
da dire però che nel testo si avverte
una poeticità a volte troppo carica,
ridondante, che, purtroppo, contrasta con
l'essenzialità elegante della regia
e delle soluzioni sceniche e musicali, costringendo
Antonella Carbone ad un grande sforzo nel
dominare il testo, condotto però intelligentemente
sul pedale del tragico e del pathos, cercando,
cioè, di farne risaltare le caratteristiche
intrinseche..." (Angelo Fasano)
La
Sila (Febbraio 1990)
LA LUNARE CLASSICITA'
DI UNA TERRENA YERMA
"...Notiamo in quest'ultimo allestimento
del Centro R.A.T. alcune varianti rispetto
ai precedenti lavori. Anzitutto, un arricchimento
del dialogo e della componente poetica in
esso insita. C'è nella fattispecie,
un superamento della mancata maternità
di Yerma, interpretata da una convincente
Antonella Carbone, meno corporea che nel precedente
lavoro tratto dal Woyzeck di Buchner, addirittura
più "greca" che ispanica
nel suo viaggio nella coscienza che si attua
tramite i tre momenti della speranza, dell'azione
e della disillusa ragione..." (Amedeo
Furfaro)
L'Ora (22
/05/1990)
YERMA, UNA DONNA STERILE
"...Massimo Costabile e Franco Dionesalvi
hanno fatto un lavoro di sottrazione del testo
di G. Lorca togliendo trama e dialogo per
una drammaturgia del personaggio che aspira
al rito di se stesso. Così Yerma -Carbone
è permanentemente in scena in un paesaggio
della memoria onirica dove tronchi-totem e
tagli orizzontali di luce legano in scena
per un teatro dell'arcano femminile. Il titolo
"E la terra graffiò la luna"
sembra promettere ferite di sogno, disperate
proiezioni d'identità verso l'alto,
ovvero in direzione del fuoco come fosse la
tendenza intima di una poesia di desiderio
e di morte, di una fiamma che alla fine si
spezza sempre...." (Lina Prosa) |
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CANI
RANDAGI
(1992)
Sipario
(ottobre 1993)
CANI
RANDAGI
Testo
da collocare fra i buoni esempi di "teatro
di poesia", al quale i due autori sembrano
particolarmente versati (dopo le analoghe
operazioni sul Woyzeck di Buchner e Yerma
di F.G.Lorca ) basato su un linguaggio aperto
ad ogni lettura pur in presenza di situazioni
drammaticamente intense..
"...La vicenda diventa una specie di
giallo ... rovesciato, con addirittura tre
rei confessi dello stesso omicidio: un bandito,
una donna e il marito di costei tutti in primo
piano quando ricostruiscono il delitto di
cui sarebbero i protagonisti e lasciati, viceversa
nell'ombra allorchè la prostituta,
o il drogato, o il barbone ( i "testimoni"
) avviano il rispettivo racconto. La verità
non verrà fuori giacchè le evocazioni
di costoro - si scopre - sono soltanto un
diversivo, un espediente per far scorrere
le ore vuote e allucinate della notte, un
modo per sentirsi ancora vivi....."(Antonio
Garro)
Tribuna
Sud Italia (luglio 1992)
I
"CANI RANDAGI" SOTTO IL SOLE NERO
"...In Cani R andagi si agita
una moltitudine di doppi, calati in un ambiente
che guarda, con molta precisione, alla linea
Dante-Baudelaire-Genet e si dispone con agio
nel suo solco. E il doppio agita con furore
questa rappresentazione. Il testo vede sovrapporsi
perfettamente due mondi : quello dove avviene
il factum e l'altro in cui, coreuticamente,
lo si commenta . In questo senso mi sembra
utile sottolineare il notevole senso del ritmo
della compagnia attoriale e il puntuale lavoro
di regia, nel collegamento di momenti scenicamente
così differenti ..."
Oggi
Famiglia (maggio 1992)
SPORCHI,
BRUTTI E... TEATRALI
"..Cani Randagi è pièce
che contraddice esemplarmente alle tre unità
aristoteliche dell'unità di tempo,
azione e luogo in quanto si fonda su una palese
scomposizione sia sul piano spazio-temporale
che su quella sequenziale della sceneggiatura.
Attraverso numerose ritorsioni della memoria
si raggrumano sul cadavere di un uomo, "verità
relative", che richiamano più
Pirandello che il giappone dei Samurai....
Lo spettacolo risulta illuminato ed illuminante,
pur nel catacombale ed oscuro evolversi della
trama, divisa nelle varie versioni dell'assassinio,
inconciliabili e trine ma une, anzi una sul
piano più squisitamente teatrale."
Giornale
di Sicilia (03/04/93)
CHE
IMPORTA DELL'ASSASSINO SE NESSUNO , SULLA
SCENA, RIESCE A TROVARE LA VERITA '
"...L'ucciso,
la moglie, il bandito e i tre che raccontano
la vicenda, la prostituta, il barbone, il
drogato sono degli emarginati. Rappresentano
un " Finale di partita " epocale
nel quale ai filosofemi e alle "cerebralità
" del teatro borghese si sono sostituite
le allucinate e frammentarie riflessioni dei
reietti che non hanno più parole tranne
che i disarticolati suoni dei loro istinti
e la teatralità della loro vuota esistenza.....Emerge
la congruente installazione scenica che nell'inquietante
atmosfera scenica creata dalle luci, consente
agli attori di eseguire le sequenze dell'azione
rilevando psicologicamente i personaggi nei
loro differenti ritmi gestuali e fonici ben
sintonizzati con la controllata recitazione
che sa smussare certe truculenze verbali del
testo e intervallare, nei misteriosi silenzi
musicali, la visionarietà luministica
di notevole espressività. " (Piero
Longo)
Calabria
Fuori Campo (03/04/93)
STORIE
DI DEGRADO METROPOLITANO
"...Cani
Randagi trasferisce l'azione in un contesto
diverso da quello di Akutagawa, quello metropolitano
dei giorni nostri o anche dopo, in un universo
popolato di varia umanità, ma che ha
nel disagio, nell'emarginazione, nel non sapere
dove andare, il suo denominatore comune....
Facendo leva sulle psicologie dei personaggi
e riprendendo il tema della verità
relativa, tanto caro a Pirandello, il testo
di Dionesalvi e il progetto di Costabile diventano
parti di un'operazione ambiziosa sì,
ma alla fine riuscita, di trasposizione scenica
della novella e del film giapponese. A far
funzionare lo spettacolo concorrono l'attenta
regia dello stesso Costabile e il manipolo
di giovani attori...."( G.D.D.)
La
Gazzetta del Mezzogiorno (22/03/93)
DISCESA
AGLI INFERI DA
FINE MILLENNIO
"...Lo
spettacolo è impostato da un lato come
un'installazione scenico-visiva di forte impatto
materico, dall'altro come cupa "discesa
agli inferi" per una condizione umana
di fine millennio, la cui campionatura simbolica-convenzionale
viene esibita in tutta la sua esteriore fisicità.
Tra le parti scure di una realtà sotterranea
di ordinaria emarginazione metropolitana si
agitano larve fin troppo riconoscibili, parlanti
il loro furente linguaggio di violenza: alcolizzati,
drogati, prostitute con autonome schegge di
gestualità e con vissuti individuali
fortemente esibiti, rapporti di dialogo frammentati,
tentativi di sublimazione che il lirismo "al
nero" del testo coniuga, nella regia
di Massimo Costabile, a trame ora accellerate
spasmodicamente, ora rallentate in inerzie
microgestuali. (Pasquale Bellini) |
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LA
LEZIONE
(1992)
La
Gazzetta del Sud (29
gennaio 1992)
LA VIOLENZA DELLE PAROLE
RACCONTATA DA IONESCO
... complessivamente gradevole la prova offerta
da Lindo Nudo, nel ruolo del professore, spigliata
l'interpretazione della vittima esibita da
Antonella Carbone,convincente,appieno, il
maggiordomo che il regista Costabile ha ritagliato
e cucito su misura per sé...
QuiGiovani
(5 febbraio 1992)
PRIME TEATRO :"
LA LEZIONE" CON IL CENTRO R.A.T.
PREZIOSISMI
"...la delicata e accorta mess'inscena
del centro R.A.T. rispetta le esigenze di
fondo del testo, mettendone in evidenza, con
una lettura mirata, alcune sfaccettature.
L'ambientazione fa riferimento ad alcune suggestioni
che il nostro immaginario collega ormai al
cinema francese. Con un preziosismo birichino
: la caratteristica dei personaggi, grazie
ai costumi e alla gestualità, in forma
poeticamente animale .Così il professore
è un pipistrello, l'allieva un uccellino,
e il maggiordomo un pinguino. |
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EDIPO
(1992)
Sipario
(Luglio/Agosto 1993)
EDIPO
"...nell'adattamento di Costabile, l'attenzione
del pubblico viene fatta concentrare sulla
solitudine dell'uomo di fronte all'atroce
destino e nella vana ricerca di svincolarsene
quando sempre meglio sui delineano i contorni
del suo dramma...
L'investigatore attraverso i suoi stringenti
interrogatori dipana sospetti, supera incertezze,
abbatte falsi indizi e infine trova l'insospettabile
autore del delittoÊ: l'allestimento
costituisce un approccio inconsueto con il
responsabile del la maledizione abbattutasi
su Tebe, il quale una volta cosciente dell'abisso
in cui ? precipitato e di fronte al suicidio
della propria consorte-madre si acceca per
non vedere le conseguenze degli obbrobri di
cui ? stato inconsapevole protagonista..."
La
Gazzetta del Sud
(18 novembre 1992)
EDIPO ASCIUGATO SEMPRE
PIU' ATTUALE
"...la nuova produzione del Centro RAT,un
adattamento dell' "Edipo Re" basato
su una riduzione del testo di Sofocle tanto
a livello di scrittura (peraltro attualizzato,
utilizzando il nostro linguaggio contemporaneo)
che di azione (le oltre venti figure che affollano
la tragedia greca sono diventate cinque, il
cui raccontare tira in ballo ruoli e gesta
degli... assenti...) conoscenza a tutti i
costi che porterà Edipo alla perdizione
una volta di fronte alla triste realtà...
Apprezzato dal folto pubblico della "prima
", lo spettacolo ha i numeri per essere
di particolare ausilio e gradimento per il
pubblico studentesco."
Tribuna
Sud Italia ( Marzo 1993)
IL RITORNO DI EDIPO
"...Il lavoro usa il linguaggio di Sofocle
in una riduzione che ne trae i passi essenziali
e ne riduce le parti, ma non per questo ne
fa perdere, anzi ne conserva, l'intensità
drammatica e la consequenzialità logico-narrativa.
In un disegno delle scene essenziale ma suggestivo,
quasi da recital, i protagonisti evidenziano
in dialoghi serrati i temi principali della
tragedia greca, la lotta dell'uomo contro
il suo destino, l'inganno della conoscenza,
l'incombenza delle leggi della natura e della
tribù, l'indiscindibilità di
eros e thanatos... Costabile conferma le doti
di pulizia, concentrazione, percezione lirica
ed essenzialità che ne conosciamo e
che ne costituiscono i tratti determinanti,
valga per tutto la scena finale in cui, con
semplice perentorietà, la dimensione
di thanatos si erge a messaggio all'umana
progenie..."
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MALEDETTA
1996
Iniziativa (maggio
1996)
MALEDETTA
"...Un grido d'accusa, che, attraverso
tempo e e spazio, giunto fino a noi, nella
nostra storia, nel nostro "oggi".
Bisogna dire che non sono molti gli spettacoli
teatrali che, oltra a piacerci, ci coinvolgono
emotivamente, fanno vibrare nel più
profondo il nostro essere, in una parola "ci
emozionano".
...Bravissima la protagonista, Antonella Carbone,
che con una recitazione intensa, ricca di
pathos, ha saputo rendere tangibile la tragicità
che ispira il lavoro. Ha urlato la sua rabbia,
la sua accusa contro oppressori e persecutori,
e la vittima si è trasformata in giudice
dei suoi carnefici...."
Il Quotidiano
(28 aprile 1996)
SUBENDO VIOLENZE E SOGNANDO
LA LIBERTA'
"...Atmosfera connotata di violenza e
prevaricazione come elementi "raccontati",
vissuti. Questi si rispecchiano nelle parole,
emozionanti e che bucano dentro, grazie all'ottima
interpretazione di Antonella Carbone che è
riuscita a rendere profondamente coinvolgente
quello che è lo status delle donne
vittime di soprusi.... Grande pulizia formale
e disegno registico forte..."
Il Taglierino (18
maggio 1996)
LUTTI E SUGGESTIONI
DEL TEATRO GRECO
"...Scene spoglie ma dense di considerevole
potere evocativo, sono presentate ad un pubblico
che deve estrarre dal buio le figure teatrali.
L'impressione è che la musica, di fortissimo
impatto, rappresenti la Guerra di Troia appena
terminata e opprima fino a schiacciare le
reduci del conflitto. L'attrice principale,
Antonella Carbone, recita il testo, mentre
le altre impiantano un translato commento
di gesti, a metà tra la danza e la
mimica, alle vicende narrate dalla protagonista.
Bisogna riconoscere a questo allestimento
una considerevole penetrazione della tragedia
con i mezzi del teatro contemporaneo..."
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IL
VELO E LA SFIDA
Tommaso
Campanella e l’arte della dissimulazione
onesta 1998
Teatro
Rendano (Giugno 1998)
IL VELO E LA SFIDA
"…Apre lo spettacolo un vecchio domenicano,
pacato, dolce, stanco, il cui volto appare
segnato da un invisibile passato, che riaffiora,
prepotentemente, nello sguardo. La figura
svanisce, dietro le sbarre asimmetriche di
una segreta napoletana. Tommaso Campanella,
un efficace Gianfranco Quero, invoca un lamento
interrotto in un colloquio con due prigionieri
che non vede. La storia procede, tra finzione
e realtà, o meglio tra vero e verosimile…
Una regia all'insegna della sobrietà, del
sostenuto, del non eccessivo, persino nelle
scene della tortura, quelle più a rischio,
la misura ha preso il sopravvento, e questa
scelta, a mio avviso, è la forza dello spettacolo…" (Luciana
De Rose)
La
Sila (Maggio/luglio 1998)
ACQUARIO, TEATRO DI
RICERCA...STORICA
"…Le tante facce di un personaggio sempre
attuale sono state "esposte", come in una
galleria teatrale, nell'ultima produzione
del Centro R.A.T. Teatro dell'Acquario. Il
lavoro a firma di Enzo Costabile per la regia
di Massimo Costabile ha condensato in pochi
quadri i momenti centrali dell'esistenza del
pensatore di Stilo - esilio, galera, tortura,
follia - in stretta connessione con le matrici
culturali ed ideologiche dell'autore di "La
città del Sole" non senza aprire squarci sul
Campanella "privato" specie nella sequenza
dell'appassionato colloquio fra Tommaso(Gianfranco
Quero) ed Eleonora (Antonella Carbone)…."
(Amedeo Furfaro)
Calabria (Dicembre
1998)
CAMPANELLA IN SCENA
CON IL TEATRO DELL'ACQUARIO
"Buio, su un corpo, su un'esistenza in chiaroscuro,
ma che illumina i secoli, che la separano
dalla contemporaneità; la vita, i segni, le
idee soffocate nel carcere, la congiura del
giusto, la lucida follia come necessaria autodifesa,
metarappresentazione del vero. Il velo e la
sfida. Il monaco, il pensatore che diventa
monito per chi osserva dal nostro quotidiano
vuoto di senso. La sfida di un autore che
desidera riattualizzare attraverso il gioco
della parola e del gesto, la figura fantasmatica
di Campanella. Un primo piano sull'autore,
giustificato dalle buone suggestioni dell'ordito
linguistico. Un monologo traverso, il monaco
di Stilo; secondo quadro, due celle nelle
carceri di Napoli, il Seicento, la lucida
follia osservata dai reclusi. Il monaco si
sdoppia dinanzi ai due inquisitori. Quindi
verso lo snodo che ti aspetti: dopo l'incontro
con il contadino, l'irruzione docile dell'amore
assoluto della suora - amante di Campanella;
fino alla catastrofe della scena corale delle
carceri, unico momento di doppio spaziale
separato. Il pubblico gradisce il lavoro nella
sua totalità. I chiaroscuri del velo e la
sfida…" (Alessandro Russo)
Il
Domani (28/05/98)
L'ATTUALITA' DI CAMPANELLA
" Da un' intervista all'autore"
D: Da un punto di vista testuale, hai usato
materiale storico e biografico sul monaco
di Stilo o esiste anche una componente creativa
e immaginaria? R: Credo che il testo sia assolutamente
unico nel suo genere, finora non c'è mai stato
un testo drammaturgico su Campanella che si
muovesse su coordinate precise. La storia
rappresentata è vera, ma i fatti e i diversi
personaggi che appaiono in scena sono immaginari.
Linguisticamente invece ho adoperato principalmente
l'italiano contemporaneo con incursioni linquistiche
nella lingua calabrese, napoletana, latino
maccheronico. Un tentativo Gaddiano. D: Prendendo
in considerazione l'intera vicenda campanelliana,
credo che non si possa prescindere dal disagio
e dalla difficoltà che allora come adesso
riguarda una condizione subalterna meridionale.
Vero? R: Campanella è stato il primo che ha
fotografato la questione meridionale indicando
le cause dei mali, in modo straordinario ha
messo a fuoco tutte le contraddizioni meridionali.
Probabilmente, l'odio e il sonno che continuano
ad avvolgere il suo percorso intellettuale
è anche una conseguenza della sua meridionalità.
Questo fabbricante di sogni riassume tutti
i pregi e i difetti di noi meridionali, dove
i difetti sono comuni e i pregi invece eccezionali. (Michele
Pingitore)
Gazzetta
del Sud (09/06/98)
CONTRO LA TIRANNIDE
DELLA POLITICA
"…il tema della rappresentazione, forte
fino alle viscere, ha rivisitato la vita del
filosofo calabrese, riproponendo un concetto
quanto mai attuale, la tirannide, soprattutto
culturale e politica, si fa beffa della libertà
dell'uomo. E' il caso di Campanella, scampato
agli aguzzini con l'espediente della follia,
ma costretto all'esilio dove trascorse gli
ultimi anni della sua vita. A rendere più
viva la vicenda è stato il ruolo svolto da
Gianfranco Quero, intrepido nel vestire i
panni di Campanella. Con una pennellata di
esemplare bravura ha recitato alla perfezione
i tempi dettati dalla regia di Massimo Costabile,
che ha messo a punto, insieme alla drammaturgia
di Enzo Costabile, uno spettacolo di rara
suggestione teatrale…" (S.S.)
Il
Quotidiano (31/05/98)
LA DUPLICE SCONFITTA
DI TOMMASO
"…Un delirio maniacale e allucinato…Il
tacito piegarsi alle torture…La resistenza
al tribunale dell'infamia…Profeta folle,
illuso e pazzo… …Tommaso sconta
coraggiosamente il prezzo del suo sogno consapevole
che per vincere tutto è necessario perdere
tutto: tra le mura di una prigione, la sua
innata "curiositas" non viene mai sopita e
invoca a leggere sotto "la crosta delle cose",
a considerare quante verità ci sono in ogni
verità. "Il velo e la sfida" ricostruisce
una vicenda umana prima che politica, con
un montaggio cinematografico e una semplicità
scenografica che ne esalta la recitazione
e l'originalità della sceneggiatura."
(Giuliana Scura)
Il
Domani (31/05/98)
NELLA PRIGIONE DI TOMMASO
CAMPANELLA
"…Il nuovo lavoro prodotto dal Centro
R.A.T. è incentrato su alcune scene madri
del percorso esistenziale e ideologico del
monaco di Stilo: l'esilio in Francia, la prigionia,
l'interrogatorio, le torture, la follia. Il
blocco maggiore della messa in scena ha come
ambientazione la prigione, una doppia gabbia
scenografata dall'artista Salvatore Anelli,
dove diverse scene si svolgono interamente
dal di dentro e dal di fuori delle sbarre.
Rispetto ai precedenti lavori teatrali di
Massimo Costabile, questo nuovo lavoro è basato
su un'impostazione di ricerca sulla prosa
in maniera più tradizionale, sorretto da un
testo compatto i cui dialoghi e la verbosità
linquistica degli attori costituiscono l'asse
portante dello spettacolo…" (Michele
Pingitore)
La
gazzetta del Sud (28/05/98)
LA STORIA ESEMPLARE
E UNICA DELL'"UOMO" DI STILO
"...ricomincia a scorrere sulle tavole dell'Acquario
e riesce a ricreare -grazie alla miscela perfetta
di un testo libero da pregiudizi e manie di
qualsiasi tipo, e di una regia attenta a non
disperdere e a valorizzare ognuna delle molteplici
sotterranee e a volte imprendibili sfaccettature
del personaggio, - tutti i passaggi essenziali
di una vicenda che anni di indifferenza interessata
e di colpevole oblio hanno contribuito a nascondere
sotto le coltre pesanti di una polvere stratificata
e vischiosa. Lo spettacolo procede attraverso
la ricostruzione di tessere esemplari, scelte
dall'autore e montate dal regista con ritmi
e tecniche che ricordano quella della settima
arte. Uno dopo l'altro, questi tasselli ridanno
fisionomia al protagonista, e riportano a
poco a pocO alla luce
fatti, circostanze e vicende di un'epoca a
tinte forti , attraversata dai sussulti terribili
ed anche sanguinolenti di un'epoca -il Cinque/Seicento…."
(C.S.)
Il
Quotidiano (14/05/1999)
LA FOLLIA DEL SAGGIO
CHE SI FINSE PAZZO
“… Il Velo e la Sfida ricostruisce
una vicenda umana prima che politica, con
un montaggio cinematografico e una semplicità
scenografica che ne esalta la recitazione
esemplare e l’originalità della sceneggiatura
(di Enzo Costabile). Cadono, con un tonfo
sordo, le sbarre della prigione… La
speranza riecheggia ancora nelle parole finali
:”Nel tuo carcere, Tommasi, ci stanno
loro!”
(Giuliana Scura)
La
Provincia Cosentina (16 /05/1999)
L’UOMO CHE APRI’
LA GABBIA
“… ha mostrato venerdì sul palcoscenico
del Teatro dell’Acquario, un filosofo
stremato dalla lotta contro la chiusura intellettuale
e culturale di un mondo che ha preferito l’Inquisizione
alla verità, la persecuzione e la tortura
all’ascolto… Sul palco i vari
momenti della prigionia sono flashback da
tecnica cinematografica, illuminato dal ricordo
di un uomo stanco e vecchio, che si interroga
sul senso della sua sfida… La follia
è la verità del sognatore e Campanella diventa
il simbolo di una calabresità che rifiuta
l’essere passivi, che non accetta lo
“status” e crede nel cambiamento…”(Simona
Negrelli)
Teatro
Rendano (Luglio 1998)
PER IL VELO E LA SFIDA.
INSTALLAZIONE DI ANELLI
L'impianto scenico di Salvatore Anelli verte
su pochi elementi cardini e tra questi la
grata, che impietosamente separa ma non nasconde,
perciò ancor più mortificante e crudele. La
messa in scena si svolge in un'atmosfera densa
e cupa che provoca, nello spettatore, un forte
disagio accentuato dalle spaesanti architetture
teatrali. Le sghembe pareti sono tappezzate
da matrici tipografiche d'alluminio: palinsesti
resi illeggibili attraverso ripetute cancellazioni
nel momento stesso in cui si manifestano.
Una improbabile scrivania, la sedia e i libri,
sottoposti a bendaggi e ingessature nel tentativo
di risanare immedicabili 'ferite', ci ricordano
che della "storia esemplare" di un intellettuale
stiamo parlando…. Anelli, sa bene che
nel costruire uno spazio scenografico l'interazione
con l'opera testuale e recitativa avviene
solo a condizioni di evocare un'immagine,
una storia, una situazione. Ma se evocare
è "suggestione operata sulla memoria, sulla
fantasia" allora lo spazio scenico non poteva
che essere luogo dell'improbabile, della 'simulazione'. (Franco
Flaccavento) |
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MEDEA
(1999)
Teatro Rendano (Gennaio 2000)
TRASFIGURAZIONI.
LA MEDEA DEL CENTRO R.A.T.
"…particolarmente riuscito è
stato l'adattamento messo in scena dal Centro
R.A.T./Teatro dell'Acquario…Integrato
e calibrato tra bianchi sulfurei e il rosso
del sangue, Medea si accompagna tra incanti
e trasfigurazioni… Medea compare e
scompare in modo fantasmagorico… La
coscienza di Medea è sdoppiata in
due figure eteree…in modo suggestivo
percorrono lo spazio scenico…arrampicandosi
verticalmente o apparendo in modo lieve…
Creonte e Giasone… figure solitarie
marmoree…quasi logorati e spenti dalle
loro stesse parole… L'operazione
per allestimento e regia , risulta uno dei
lavori più interessanti di Massimo
Costabile che riprende ed amplia al meglio
alcune intuizioni già presenti in
Maledetta…" (Michele Pingitore)
Calabria
(Febbraio 2001)
"LA
MEDEA DI COSTABILE UNA DONNA DEL 2001"
...Il tema comune delle opere di Massimo
Costabile è l'uomo, o la donna, al
centro di un universo fatto di situazioni
estreme: dolore, emarginazione, guerra,
follia. L'essere umano in quanto tale, con
i suoi difetti, le sue reazioni fortemente
terrene e materiali di fronte alle circostanze
avverse. L'esplosione. L'urlo finale. E
via via tornano alla mente spettacoli come
Ricostruzione di un delitto, Cani randagi,
Edipo, accomunati da questo denominatore
comune. Medea dunque si inserisce in questo
filone, ed assolve il compito prefissato
dal regista in bilico tra finzione e realtà...Reietta,
emarginata, sola, Medea vive - o ricorda,
o immagina - gli avvenimenti con estrema
lucidità. Ma tutto ruota sopra di
lei. La scenografia si spiega su piani diversi.
L'alto si contrappone al basso. L'aria alla
terra. Il coro è sospeso a mezz'aria,
si arrampica sul muro alla maniera del free
climbing, o sollevato su una nuvola di tulle.
Creonte e Giasone sbucano dall'alto, protetti
da una cortina, ulteriore diaframma tra
chi provoca il dolore e chi lo subisce......Il
ruolo di Medea, interpretato da Antonella
Carbone, metterebbe a dura prova qualunque
attrice. Un monologo delirante che dura
quasi un'ora, un soliloquio che non ha altro
deuteragonista che la propria mente... (Luciana
De Rose)
Il
Quotidiano della Calabria 28/11/1999
GLI
ABISSI DI MEDEA TRA SUONI IPNOTICI
…una nuova produzione
del Centro R.A.T., una riscrittura - rilettura
ad opera di Enzo Costabile, per la regia
di Massimo Costabile, tutta incentrata sul
delirio di dolore di Medea, e sugli abissi
insondabili della sua personalità…
La Medea proposta dal Centro R.A.T. è
la rappresentazione di un incubo, l'incubo
della donna esiliata, rinnegata e ripudiata
dal proprio marito, autrice consapevole
del martirio dei propri figli, e dunque
perseguitata dai fantasmi che ella stessa
ha prodotto. La sua lacerazione interiore
, oltre che dalle parole è suggerita
dai suoi stessi gesti… Un
testo forte, dunque, che non dà tregua
allo spettatore né tantomeno all'attrice
che interpreta Medea, Antonella Carbone,
bravissima e stremata alla fine dello spettacolo…
(Laura Marano)
La
Provincia Cosentina (07/12/1999)
FATICOSA
MA RIUSCITA LA PROVA EURIPIDEA
…quello con il teatro classico era
un appuntamento che il gruppo del Teatro
dell'Acquario non poteva più procrastinare
col risultato di una rappresentazione che,
per molti versi, rappresenta un punto d'arrivo
nelle produzioni della compagnia. …i
testi di Enzo Costabile sono tesissimi:
attraverso un vocabolario povero, ma continuamente
variato, si ha un dispiegamento del dramma
che non concede pause... L'attualizzazione
del testo di Euripide si può dire
perfettamente riuscita. La scelta dell'essensalizzazione
è portata a realizzarsi da una macchina
scenica funzionante e ben coordinata…
(Paolo Aita)
Gazzetta
del Sud (18/03/2001)
MODERNITÀ
DI MEDEA
La Medea di Enzo Costabile, per la regia
di Massimo Costabile, rivive in una dimensione
onirica l'intero dramma che sta per compiersi.
Un'intensa, accorata preghiera al fato,
una veglia di dolore. Pur lasciando assolutamente
intatto l'originale pathos della tragedia
euripidiana, la destruttura per riconsegnarcela
poi utilizzando una chiave di lettura che
mette in ombra le tradizionali rappresentazioni
fortemente intimistiche e/o psicanalitiche
e punta più decisamente a far emergere
una Medea "politica" seppur umanamente
coinvolgente. (Marcello Gallo)
Il
Quotidiano della Calabria (19 marzo 2001)
UNA
MEDEA SUGGESTIVA E POTENTE
Per rappresentare gli indicibili tormenti
di Medea è stata scelta la strada
dell'evocazione, dell'allusione linguistica
e gestuale, più che dell'azione scenica
vera e propria. Ed è una strada di
assoluta efficacia, che porterà la
protagonista a viaggiare nel tempo e nella
memoria, ripercorrendo la propria storia
e riconoscendo infine la propria sconfitta….
"(Laura Marano)
La
Provincia Cosentina (04 febbraio 2003)
LA
MEDEA TOTALE DI ENZO COSTABILE
E' un pieno corporeo quello che realizza
subito l'intensa Antonella Carbone che veste
i panni laceri di Medea. Compressa e inchiodata
su se stessa Medea è al centro della
scena, alle sue spalle un'immensa parete
bianca che lotta con il nero scenico. Nessuna
dialogicità, la parola è essenzializzata
in lampi di frasi che si accendono e si
spengono, flash che rimbalzano nelle spire
di un monologo-soliloquio fatto di delirio,
gli occhi gravitano in alto a cercare luce
nello scuro, che lascia indovinare il dualismo
prospettico del dramma, intessuto di contrasti
cromatici, tonali, spaziali, temporali…."
(Antonietta Cozza)
Il
Domani (04 febbraio 2003)
MEDEA,
PER GELOSIA E INGIUSTIZIA
"La Medea, messa in scena dal Centro
R.A.T., è passionale e intensa. Si
svolge tutto in 60 minuti. La donna tradita
(Medea, Antonella Carbone) è
sempre al centro della scena che ascolta
con sofferenza anche le ingiurie di Creonte
e le parole dell'insensibile Giasone. La
Medea di Costabile è dramma di ingiustizia
e gelosia. Usa un linguaggio chiaro e diretto…"
(Maria Gabriella Capparelli)
La
Provincia Cosentina (29 /11/1999)
MEDEA
TRAGICA ED ERRANTE SULLA SCENA ALL'ACQUARIO
Basta la penombra e una figura
di donna dai movimenti lenti, plastici,
per percepire le lotte dell'anima. Per trovarsi
in una dimensione temporale, unicamente
psichica…in questa nuova versione
del dramma di Medea…la donna simbolo
della vendetta si sente vittima ma non l'accetta,
vive tutta dei suoi pensieri, dei suoi ricordi
incancellabili, che si sovrappongono in
una tela fitta e che sembrano riempire l'intero
spazio scenico. E il buio, rarefatto da
qualche piccola luce, sembra avere uno spessore…
Ma fin dall'inizio sembra già tutto
deciso, già accaduto con Medea che
avverte come inevitabile una fine tragica,
con la donna che ormai tutti vogliono allontanare,
separata anche fisicamente dal resto del
mondo da un pannello ricoperto di bende
che nella bellissima installazione scenica
di Salvatore Anelli, lasciano pensare a
un urlo di dolore soffocato e a un sacrificio
umano… Nel deserto che ha creato intorno
a sé, Medea invoca invano l'oblio.
E' la memoria la sua sconfitta. (Simona
Negrelli)
Il
Domani (4 dicembre 1999)
"MEDEA"
IL CONFINE SOTTILE FRA REALTA' E IMMAGINAZIONE
…sulla scena
si vedono piuttosto che gli eventi veri
e propri, le proiezioni dei pensieri, dei
sogni allucinati di Medea…più
che con il fatto concreto della morte la
donna si vendica, facendo rievocare quell'evento
atroce nella mente di chi intende punire…Creonte
è costretto a raccontare la visione
della figlia Creusa che muore divorata dalle
fiamme…Giasone deve invece rievocare
la morte dei suoi figli… molto interessante
è infine l'impianto scenografico,
una grande parete di bende bianche sulle
quali aggrappandosi, va e viene il coro.
Un coro che costituisce in realtà
un alter-ego di Medea…sono i suoi
pensieri, i suoi dubbi, le sue paure, la
sua disperazione… (Francesco Mollo)
QuiCalabria
(30 Luglio 2007)
LA
TRAGEDIA DI MEDEA
Uno spettacolo fortemente
espressivo, carico di pathos e violentemente
drammatico. Antonella Carbone/Medea è
riuscita a dare al personaggio una grande
carica emotiva, esprimendo l’angoscia
di una donna desiderosa di abbandonare se
stessa, martoriata dalla colpa che ha commesso.
(Marco Papasidero)
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ANTIGONE
2002
La Provincia Cosentina
16 dicembre 2003
L'URLO
DI ANTIGONE. LA FEMMINA E IL TIRANNO
Si apre la scena, si ergono colonne come disumani
giganti, a lato un trono vuoto circondato
da sangue. Toni scurissimi. Vento che turba
e scompiglia Antigone - Antonella Carbone-
velata di un velo rosso sangue. È tragedia
nell'aria e si sente a pelle e di più
si vede nel corpo teso della donna fatta pietra
da un dolore macigno. La morte dei suoi due
fratelli è avvenuta oltre le mura di
Tebe. Eteocle e Polinice si sono dati la morte,
il loro sangue si è fuso nell'ultimo
sospiro a scontare una condanna che si perde
in un tempo lontano ma si propaga quale veleno
da generazione in generazione. È Antigone
che si accende di tanto soffrire e si contorce
a raccontarlo, sola, in scena; gli occhi spersi
e senz'anima, le membra contratte, la gola
arsa, la mente sfiancata.
(Antonietta Cozza)
Mezzogiorno
Economico
Dicembre 2002 - Gennaio 2003
Il
"mito di Antigone" al Teatro dell'acquario
Arte, teatro e società entrano in scena.
Al loro interno prende forma il dramma familiare
di Antigone (interpretata con mirabile forza
introspettiva da Antonella Carbone), sorella
menomata dalla sepoltura di uno dei suoi due
fratelli, Polinice, privato dagli onori funerari
per volontà di Creonte (Gennaro Clausi)
Il Quotidiano
della Calabria
17 novembre 2002
L'ANTIGONE
VA IN SCENA ALL'ACQUARIO
L'eroina del sacrificio interpretata dalla
debordante energia drammatica di Antonella
Carbone, ci rappresenta l'interezza di chi
non perde di vista, neppure nel più
irreale dei destini, la dignità dell'essere
umano… ( Pierpaolo Pastore)
Gazzetta del
Sud
20 novembre 2002
L'ATTUALITA'
DI ANTIGONE
Di grande efficace l'interpretazione di Antonella
Carbone nei panni, certamente non facili,
della figlia di Edipo. Attrice non nuova,
peraltro,al "tu per tu" con le protagoniste
- regine del teatro drammatico greco. (e.c.)
The weekly
Babs
WebMagazine di informazione indipendente
23 dicembre 2002
LA
TRAGEDIA INATTUALE DEL CENTRO R.A.T.
Ci troviamo davanti ad un teatro che ha il
suo punto di forza nella recitazione e che,
come tale, non può lasciarsi proteggere
da effetti visivi o colpi di scena spettacolari.
La sua dimensione ideale è quella dell'equilibrio,
della costituzione di un prezioso equilibrio
fra testo, scena e pubblico. (Vincenza Costantino)
Il Quotidiano
della Calabria
17 dicembre 2003
IL
DRAMMA ETERNO DI ANTIGONE
L’idea del lutto e del sangue sono scolpite
nel velo rosso che copre tutta la figura di
Antigone (Antonella Carbone), che già
troviamo disperata e piena di rabbia perché
il potere non le consente di lenire il dolore
della perdita, piangendo su una tomba. (Simona
Negrelli)
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L'AVARO2003
Il
Quotidiano (25/08/03)
"L'AVARO" DI MOLIERE
NELLA VERSIONE DEL CENTRO R.A.T.
Una
messa in scena de "L'avaro" collocata locata
al di fuori del tempo, per sottolineare i
difetti dell'uomo, indipendentemente dal momento
storico in cui lo ha "fotografato" Molière...
Un adattamento che, in circa un'ora e mezzo
di spettacolo, offre tutta la gamma di sentimenti
e pulsioni dell'animo, prendendo a pretesto
la storia del vecchio Arpagone, dei suoi figli
Elisa e Cleante e della girandola di umanità
che gli ruota intorno per far sorridere e
ridere dell'avidità e dei suoi meccanismi
di annebbiamento. Un turbinio di amori, rancori,
paure, gelosie, affidati alla capace interpretazione
di attori tutti a proprio agio nella parte...
(Anita Frugiuele)
La
Provincia Cosentina (08/09/03)
AVARO, MA SIMPATICO
Il Festival delle Serre inaugura la sezione
dedicata al Teatro.
Una
vera e propria attrazione l’ha creata
il teatro ove nessuna sedia è rimasta vuota
e gli attori hanno letteralmente soddisfatto
le attese del pubblico. Gli interpreti hanno
dato davvero il massimo di sé da grandi artisti
quali sono…Gianfranco Quero ha interpretato
il personaggio di Arpagone, lungo tutta una
serie di efficaci quanto applauditissime mimiche,
sapientemente calibrate a misura dell’animo
dell’avaro…
Una rappresentazione tragicomica di un Molière
sapientemente interiorizzato dagli interpreti
del Centro R.A.T. di Cosenza , dietro gli
adattamenti e la regia di Massimo Costabile.
(Luigi Guido)
La
Provincia Cosentina (02/12/03)
IL FRENETICO GIROTONDO
DELL'AVARO
"...
le scene corrono tutte assai rapide, quasi
assordanti, somiglianto a degli sketchs cinematografici
e creano un effetto circolare come una sorta
di cappio che va a stringersi attorno al collo
di Arpagone causa ed effetto del tutto.
Tiene bene l'adattamento di Costabile nel
riuscire a rendere la confusionarietà attraverso
un sapiente miscuglio di sagacia e pungente
ironia che ha sempre un bifrontismo dato dall'affermare
una cosa che è l'esatto contrario di se stessa.
Doppi registri, scambi di ruoli, metamorfosi
di situazioni, lazzi e imbrogli catapultano
lo spettatore in un oltre surreale, disordinato
quanto interessante. E' il groviglio - che
poi è pari pari alla realtà del mondo - il
vero protagonista... (Antonietta Cozza)
Il
Domani 18/01/04
IL TRAGICOMICO ARPAGONE
...L’adattamento di Massimo Costabile
- che firma pure la regia è garanzia di una
messinscena intensa ed originale, intelligentemente
modulata sui toni di una comicità pungente
ed amara. Per concezione e per realizzazione
questo "Avaro" targato R.A.T. si presenta
in definitiva come uno spettacolo moderno
che, anche grazie ad un cast di ottimi interpreti
-a cominciare da quel Gianfranco Quero attore
assai conosciuto a Castrovillari e che ben
incarna un teatro fatto di studio e rigore
-, cerca di restituire al pubblico tutta la
verve del grande drammaturgo francese.
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JENIN.
Incubi di guerra
2004/2013
Mediapolitika
22 aprile 2013
Jenin.
Incubi di guerra, in scena al Piccolo Teatro
dell'UNICAL
"...Più che raccontare
la storia di una donna, lo spettacolo opera
un'intensa introspezione umana ed emotiva
sulla figura di una donna disperata, sola,
vittima "simbolica" e non casuale
di tutte le guerre. Alla pura narrazione il
testo preferisce il racconto mediato dal sogno,
che inevitabilmente diventa incubo.La memoria
annebbiata da orribili visioni rincorre la
realtà, distorcendone la percezione
e portando alla follia. Il tono, volutamente
uniforme e ossessivo, trasmette efficacemente
quel senso di angoscia che solo l'oppressione
e la violenza riescono a provocare. Ciò
che emerge è anche lo spaventoso smarrimento
del sè e il difficile adattamento all'identità
ereditata dall'esperienza di guerra...) (Fabio
Grandinetti)
Il
Giornale di Calabria
23 aprile 2013
Jenin,
un dramma convincente per grande potenza espressiva
"...I cinquanta minuti
di rappresentazione manifestano un urlo, quella
di una donna tra le macerie, come tante, nel
medio oriente, in Africa, nei territori depredati
dall'identità. Un urlo di dolore, di
denuncia, di morte. Una voce corale, triste
bandiera popolare.Tra gli spettri di una città
cancellata e quelli interiori che riaffiorano
materializzati nella solitudine. Di trovarsi
di fronte il nulla, i resti di edifici disossati,
polvere come fosse neve che copre la strada,
il sangue sui muri, scarpe di bambini tra
la cenere, bambole mozze. Tutto questo raffigurato
scenograficamente sul palco. Grembo gravido
di materia sensibile....
....Il resto consegnato alla potenza espressiva
del viscerale incarnato dalla Carbone , a
suo agio nel drammatico, immedesimata quasi
fosse una sua urgenza di dare voce a lacerazioni
interiori...." (Emilio Nigro)
La Provincia
Cosentina
9 novembre 2004
INCUBI
DI GUERRA. E' il teatro o la realtà?
Jenin. Incubi di guerra. In una macchina scenica
impeccabile Antonella Carbone ha detto al
pubblico del Teatro dell'Acquario cos'è
la guerra e il suo dolore. Massimo Costabile
progettista e regista ha verosimilmente voluto
ricordare al pubblico l'esistenza di un'ipotesi
di morte...
...Uno spettacolo tecnicamente perfetto ha
fatto da corollario ad un testo non esclusivo,
tuttavia magistralmente tessuto e poi recitato
con enorme efficacia evocativa: da brani dalle
opere di Euripide, Ghada Samman e Tahar Ben
Jelloun.
(Luigi Guido)
Gazzetta del Sud
9 novembre 2004
L'INCUBO
DELLA GUERRA
Monologo di Antonella Carbone al Teatro dell'Acquario
"Jenin. Incubi di guerra" progettato
e diretto da Massimo Costabile è un
profondo urlo di costrizione, che si erge
dalle macerie storiche d'ogni sopraffazione,
abuso, oppressione, cui è sottoposta
l'umanità donna. Antonella Carbone
è protagonista di un intenso monologo
che rende bene la dimensione dell'incubo di
una tragedia assolutamente contemporanea ma
dalla presenza antica e continuata. La guerra
raccontata nelle parole di una lunga suite
di uno spasimo che non ha più la forza
di cercare ragione e che diventa orrore, anzi
l'Orrore...
(Marcello Gallo)
Edizione della Sera
9 novembre 2004
JENIN,
DOLORE E INCUBI
Il sapiente riadattamento del regista Massimo
Costabile di tre testi sull'argomento, vede
sul palco una Antonella Carbone in splendida
forma. Capace di trasmettere emozioni e sentimenti,
quasi come se in mezzo ai bombardamenti di
Beirut e agli spari dei cecchini ci fossimo
anche noi. Lo spettacolo si sviluppa in un
crescendo vorticoso che porta alla luce uno
ad uno gli incubi di Jenin... (Barbara Costabile)
Il Quotidiano
della Calabria
22 luglio 2004
IN
SCENA JENIN E I SUOI INCUBI
Una manata di vernice rosso sangue spalmata
ad inizio spettacolo su una specie di "muro
del pianto universale" che incombe su
tutto: fa ombra sull'esistenza della protagonista
(Antonella Carbone), che "sanguina dal
di dentro" tra campi coltivati a fucili"
e racconti di disgrazie e miserie introdotte
da bladerunneriani "ho visto"...
(EugenioFuria) |
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EMIGRANTI
2006/2010 |
TEATRO.ORG
(15/01/2010)
MEMORIE
DEL SOTTOSCALA
"Poetica e deprimente l’aliena
ed alienata quotidianità degli emigranti,
tutta consumata sul crinale sghembo di una
precarietà senza riscatto, quotidianità
di stenti, di violenze e di amori che, inattesi,
si sognano o si incontrano nei decomposti
buffet della stazione o nei pressi di quei
totem di plastica ed acciaio senza più
vita e senza più futuro che sono le
cabine telefoniche, archeologia penosa dell’altrieri,
monumento disperato a un mondo che ha ormai
cambiato pelle.La cruda e malinconica pièce
del drammaturgo polacco Slawomir Mrozek, egregiamente
interpretata da Luigi Iacuzio e Marco Silani
e diretta dalla calibratissima regia di Massimo
Costabile, da un lato ci narra la storia della
convivenza coatta e miseranda di due esistenze
alla deriva nel caotico melting pot dei nostri
tempi, dall’altro ci restituisce l’immagine
squallida ed atroce di una condizione esistenziale
ben precisa, quella dello straniero sradicato,
braccato dal sistema e dalla fame,...."
(Claudio Finelli )
MEDIA
XPRESS (20/01/2010)
SOLITUDINE DI EMIGRANTI
"...Si amando e si odiano, litigano e
fanno la pace, condividono l’ansia di
chi è stato sradicato dalla propria
terra e la malinconia di chi sa che il domani
non sarà migliore, la loro amicizia-ostilità
se ne sta tesa su di un debole filo. Lontani
dalle loro famiglie, si perdono in discorsi
di libertà, ipotizzando un mondo senza
schiavi. Utopie alcool e sigarette a far loro
compagnia la notte in cui tutti brindano.
Ad un emigrante però non è dato
di festeggiare, solo di ricordare. Bravi i
due interpreti che tengono alto il ritmo della
rappresentazione variando abilmente il registro
tra il comico e il drammatico."
( Francesca Bianco)
LA
PROVINCIA COSENTINA (28/05/2006)
EMIGRANTI. ALL'ACQUARIO L'OPERA DI MROZEK
"...Un lavoro costruito sulla parola,
sui dialoghi, sulle sfumature semantiche,
sulla metatestualità. Uno spettacolo
complesso per le tante e continue inferenze
che attraversano il campo della storia, della
politica, dell'esistenziale. dell'umano e
portano dritto fino al cuore dell'individuo.
Il campo scenico è essenziale, fatiscente,
inumano: un sottoscala, due brandine putride,
un tavolaccio con due sedie, un paravanto
a celare una sorta di cucina, due valigie
cartonate sotto le brande. Dentro a questo
rettangolo. attraversato da tubi che, pari
a "trippe", riportano amplificati
i vocii dei piani alti immersi nella musica
suadente di fine anno, vi stanno letteralmente
immersi due uomini, sprofondati in una sorta
di abisso senza ritorno. Luogo senza aria,
senza luce, senza dio: è come stare
al centro della terra: in un Inferno rovente...."
(Antonietta Cozza)
LA
PROVINCIA COSENTINA (30/01/2007)
All'Acquario Luigi Iacuzio e Marco Silani
...Vivono in uno scantinato squallido, due
brande, un lavandino e un fornello nella scenografia
di Salvatore Anelli, isolati da un mondo del
quale sentono solo i suoni e i rumori provenienti
dalle tubazioni. La notte di Capodanno (o
forse la vigilia di Natale) i due uomini,
che condividono povertà e solitudine, si troveranno
a condividere anche la malinconia di chi ha
perso le proprie radici e la consapevolezza
che la loro vita non potrà mai migliorare.
Attraverso dialoghi serrati, che a momenti
sconfinano nell’assurdo e nel grottesco, scopriamo
che i due uomini, apparentemente così diversi,
sono le due facce di una stessa medaglia:
entrambi sono vittime di sé stessi e del loro
disagio esistenziale.... ( Franca Ferrami)
CALABRIA
ORA (31/01/2007)
L'ACQUARIO PARTE CON IL PIEDE GIUSTO
CON "EMIGRANTI" DECOLLA LA STAGIONE
"...Ottima. appropriate e precisa la
recitazione di Luigi Iacuzio, l'intellettuale,
e Marco silani, l'operaio, che riescono benissimo
a superare la fatica, mentale e fisica, di
variare continuamente i registri fra il comico
e il drammatico, potendo esprimere la loro
creatività in quanto liberati dall'attenzione
per l'occupazione degli spazi di azione e
interazione, fisica e fonetica, dalla perfetta
regia di Massimo Costabile. La sintesi di
tutto ciò è una rappresentazione
congrua in cui lo spettatore riuscirebbe a
capire cosa accade sia guardando la scena
senza ascoltare, che ascoltando la piéce
senza guardare. (Carmelo Giordano) |
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IL
MALATO IMMAGINARIO
2008 |
Il
Gazzettino di Tropeaedintorni (23/08/2009)
Capo Arte 2009
Successo
per Il malato immaginario
stracolmo in ogni ordine di posto
Nella
suggestiva cornice del teatro torre Marrana
sito nella frazione Brivadi, per l’occasione
stracolmo in ogni ordine di posto, è
andato in scena il 17 agosto scorso un capolavoro
del repertorio classico, ovvero il Malato
Immaginario di Molière, per la regia
di Massimo Costabile. A rappresentarlo sul
palco del suggestivo teatro ricadese sono
stati gli attori Marco Silani, Antonella Carbone,
Carla Serino, Chiara Colangelo, Andrea Solano,
Iole Bozzarello, Carmelo Giordano, Achille
Veltri, tutti componenti della Compagnia Teatrale
Lalineasottile. Una commedia ricca di spunti
comici e spassose trovate, una serata che
alla fine ha registrato molti visi soddisfatti
e i complimenti di tutti gli spettatori convenuti,
più di cinquecento, ai protagonisti
ed agli organizzatori di Capo Arte teatro (Alessandro
Vitali)
Il
Quotidiano (20/08/2009)
Il
malato Immaginario in scena a Monasterace
"...Dopo il successo del 17 agosto a
Ricadi, il Malato Immaginario allestito dalla
Compagnia Lalineasottile fa tappa stasera
a Monasterace, all'interno del Magna Graecia
Teatro Festival.... Uno spettacolo dalla comicità
pungente e amara, una messa in scena moderna,
che non tradisce lo spirito del testo."
La
Scuola dei Classici 3- 1500 ragazzi a teatro!
Con la presenza di più
di mille e cinquecento studenti degli istituti
scolastici di Cosenza e Provincia, si conclude
sabato 27 la terza rassegna di teatro “La
Scuola dei Classici”, manifestazione
che conferma per il terzo anno consecutivo
successo di gradimento e di pubblico. Ideata
e diretta da Mario Massaro e Natale Filice
dell’Associazione “Porta Cenere”,
Più istituzioni coinvolte e partecipative,
più offerta didattico-formativa degli
spettacoli, più produzioni: dal
Malato Immaginario di Molière,
con la collaborazione della compagnia Lalineasottile,
che ha riempito in ogni ordine di posto il
Cinema Teatro Italia di Cosenza, riscuotendo
divertimento e successo grazie alla sapiente
regia di Massimo Costabile,.............. |
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TEREZIN.
Le farfalle non volano qui
2008 |
Calabria
ora (04/02/2011)
Una
rappresentazione per riflettere
Lo
spettacolo, tenuto nel teatro della scuola
di Pizzoni, ha avuto come unica attrice protagonista
Antonella Carbone, la quale ha narrato e interpretato
in maniera molto struggente ed appassionata
alcune delle poesie provenienti dal ghetto
di Terezin mentre venivano proiettati i disegni
ritrovati del luogo di detenzione. Nell’ultima
parte della rappresentazione, l’attrice
ha ricordato a tutti con un monologo le attuali
guerre nel mondo, supportata dalle foto dei
bambini vittime dei conflitti scoppiati in
Israele, Palestina e così via. (Salvatore
Donato)
Gazzetta
del Sud (22/01/2011)
LE FARFALLE VOLERANNO
ANCORA NELL'INFERNO DI TEREZIN ?
Teatro
e narrazione per raccontare la storia del
lager di Terezin, dove i bambini lasciarono
le loro testimonianze con disegni, poesie,
opere con le quali hanno comunicato al mondo
i loro sentimenti, le paure, il terrore, la
rabbia, l'angoscia, l'ansia, le speranze,
i sogni dei loro ultimi giorni
La
Provincia Cosentina (04/02/2008)
DISEGNI PER SPERARE
Antonella
Carbone, sola in scena, con l'ausilio di qualche
oggetto,e di immagini video, ripercorre le
sofferenze, le paure, la solitudine provata
dai 15.000 presenti nel campo di concentramento
di Terezin , dei quali solo un centinaio riuscì
a sopravvivere.
Il regista Massimo Costabile, prima dell'inizio
dello spettacolo, ne ha fatto una breve presentazione
invitando i giovani presenti a riflettete
su un tema così delicato che ancora,
dopo tanti anni, continua a destare orrore
La
Toscano-Erodoto celebra la Giornata della
Memoria
Con suoni ed immagini toccanti, con una semplice
scenografia , lo spettacolo è stato
apprezzato molto dai ragazzi che hanno assistito
in silenzio, in maniera composta, coinvolti
emotivamente e molto partecipi, essendo stati
già istruiti sulla triste storia dai
loro insegnanti.
Scopo della manifestazione è stato
anche di tenere sempre vivo il ricordo di
quei tragici momenti, di insegnare ai ragazzi
la tolleranza e il rispetto del diverso. Di
insegnare ad amare.
Alla fine i ragazzi incuriositi hanno fatto
spontaneamente diverse domande all’attrice,
sia riguardo lo spettacolo che riguardo la
narrazione.
da
Informazione periodico di informazione e cultura
degli Alunni dell'Istituto Professionale per
l'Industria e l'Artigianato "L. Da Vinci"
di Castrovillari
Il teatro della
Memoria
Non capita tutti i giorni
di andare a teatro. La Giornata della Memoria
vissuta con la mia classe, mi ha regalato
questa gioia. La rappresentazione "Terezin.
Le farfalle non volano qui", interpretata
dalla bravissima attrice calabrese Antonella
Carbone mi ha molto colpita. Credo che abbia
toccato l'animo di tutti i ragazzi. E' riuscita
a farci entrare nel passato e a farcelo vivere
appassionatamente... Penso che il linguaggio
teatrale sia molto adatto a comunicare
sentimenti forti, emozioni profonde, commozione
che gli altri linguaggi non riescono a trasmettere.Questa
per me è stata la prima esperienza
teatrale vissuta ed è riuscita
a farmi capire il vero significato della
Shoah. (Drisla Maloku 2 B Odontotecnico)
L'attrice
Antonella Carbone ha interpretato la storia
di una bambina ebrea internata nel campo di
concentramento di Terezin. L'attrice,
bravissima, con un linguaggio molto coinvolgente
e l'uso di appropriati oggetti è riuscita
a catturare la nostra attenzione facendoci
entrare nella storia rappresentata. Abbiamo
provato una grande emozione, ci siamo commossi
fino alle lacrime, noi che di solito non andiamo
molto d'accordo con la storia.
(Ilaria Abbenante - 1A Odontotecnico)
Giornata
della Memoria: "Le farfalle non volano
qui"
Questo
spettacolo, più che uno spettacolo
un monologo, accompagnato da immagini, musiche
e rumori tipici della deportazione e
dei campi di concentramento, racconta di una
donna che quando era solo una bambina fu portata
in un campo di concentramento: a Terezin.Lo
spettacolo è stato eccezionale,
pieno di emozioni. L'attrice ha saputo raccontare
e trasmettere le sensazioni di dolore, di
malinconia, di sofferenza, di paura anche
a noiragazzi, quasi come se fossimo tornati
indietro nel tempo.La parte che mi ha particolarmente
colpito è stato il finale che ci ha
mostrato il video di moltissimi bambini che
ancora oggi nel mondo soffrono a cause
delle numerose guerre. (Mariana
Orlando ) |

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ECUBA
(2008) |

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Magna
Graecia Teatro "Ecuba"da
"Ecuba" e "Troiane" di Euripide
con Antonella Carbone. Regia
Massimo Costabile - Compagnia
Teatrale Lalineasottile 18/08/2008
21:00
Palmi Teatro all'aperto |

LA
REPUBBLICA - Napoli (08/08/08)
Da domani la rassegna "Filosofi
interrogano i filosofi" sull´acropoli
dell´antica Elea-Velia ad Ascea
Nella seconda parte del cartellone,
invece, dal 20 al 27 agosto,
spazio al teatro greco e romano
con opere tratte da Euripide,
Sofocle e Cicerone e allestite
dalle compagnie teatrali Lalineasottile
(lo spettacolo "Ecuba"), la
Bottega del Pane di Roma ("Contro
Catilina - Attentato allo Stato"),
il Teatro Popolare Salernitano
("Elettra").
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VELIA
TEATRO
Giunge
quest'anno alla sua XI edizione
Velia Teatro che si propone
come una delle più prestigiose
e attese rassegne a livello
internazionale di teatro antico.
Il
20 agosto Ecuba
di Euripide, realizzata dalla
Compagnia teatrale Lalineasottile,
Direttore Artistico
Massimo Costabile |

Lalineasottile
a Palmi con "Ecuba"
Prodotto
per Magna Graecia Teatro festival,
Lalineasottile questa sera è
di scena a Palmi con lo spettacolo
"Ecuba". La regia è di Massimo
Costabile; protagonista Antonella
Carbone |
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ECUBA
Estratti dalla Rassegna Stampa

Guadavalle
Web (da Il Quotidiano)
26/08/08
A monasterace:
ECUBA.
Spettacolo della Compagnia Lalineasottile
per il Magna Graecia Festival
Magna Graecia teatro all’atto
conclusivo per quanto riguarda le serate
monasteracesi. Infatti l’Ecuba
segna la quarta e ultima tappa dell’importantissima
manifestazione teatrale che rappresenta
il fiore all’occhiello del panorama
estivo regionale.
Una storia straziante ricostruita alla
perfezione dal regista Massimo Costabile
e dalla compagnia teatrale Lalineasottile
con attori quali Antonella Carbone,
Chiara Colangelo, Francesco Cutrupi
e la danzatrice Vanessa Costabile. Un
cast molto ben amalgamato che è
riuscito in pieno nell’intento
di dare emozioni al numeroso pubblico
che ha invaso il giardino del museo
Antiquarium di Monasterace.... (vi.
ra.)
Cinemavvenire
26/08/08
Magna
Graecia Teatro
…le
urla, gli strepiti, il dolore di Ecuba
e delle donne troiane, figura di tutte
le donne alle quali è stato violentemente
strappato l’affetto della famiglia,
riecheggiano ancora una volta grazie
alla compagnia teatrale Lalineasottile
ed al loro Ecuba... ( Katia Rosi)
Il
Quotidiano
06/09/08
Ecuba
rivive a Castrolibero
Ecuba
si avvia alla sua quarta replica. Non
ci vuole molto a capire che quella che
ha dato molta soddisfazione è
stata quella del festival di Velia,
in provincia di Salerno, una manifestazione
"che abbiamo saputo conquistare
anni fa quando proponemmo la Medea di
Enzo Costabile. Palmi, Mo-nasterace
(due tappe per la rassegna Magna Grecia
Teatro) e, lunedì, Castrolibero
le altre date. Com'è questa Ecuba
- che avrà il volto di Antonella
Carbone - ? "E' il momento conclusivo
di un percorso che la nostra compagnia
ha intrapreso qualche anno fa sulla
figura della donna nella tragedia greca.
Abbiamo iniziato con Medea, poi le Antigone
per arrivare, appunto, alla regina di
Troia, che vive il dramma di essere
la sovrana di un popolo vinto, di una
regina senza più patria e una
madre senza più figli.
La prima parte dello spettacolo è
un riadattamento delle Troiane "per
potenziare la figura di Ecuba"
spiega Costabile che ha sostituito il
coro - nel senso classico del termine
- con dei lamenti tradotti in dialetto
calabrese che accompagneranno la protagonista
dal dolore alla vendetta"......
|
Appuntamenti e
Spettacoli
“Ecuba”,
ultima produzione teatrale della
Compagnia Teatrale Lalineasottile
di Castrolibero, diretta da
Massimo Costabile, dopo le repliche
effettuate all'interno del Magna
Graecia Teatro Festival ( Palmi
e Monasterace), e all’interno
del Festival VeliaTeatro ad
Ascea in provincia di Salerno,
sarà rappresentato lunedì8
settembre all’Anfiteatro comunale
“V. Tieri” di Castrolibero |

ECUBA
da "Ecuba" e "Le
Troiane" di Euripide. produzione
Compagnia Lalineasottile. Monasterace
(RC). ore 21.45 - Antica Kaulon MAGNA
GRAECIA TEATRO FESTIVALlaboratorio
contemporaneo permanente sul mito.
|

"Ecuba"
all´Anfiteatro comunale Tieri di Castrolibero
Ecuba rivive a Castrolibero.
Riapre i battenti l'anfiteatro
"Vincenzo Tieri" di
Castrolibero. Lunedì sera
alle 21, infatti, andrà
in scena "Ecuba" di
Euripide a cura della compagnia
"Lalineasottile" |
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