Regie Massimo Costabile

RICOSTRUZIONE DI UN DELITTO

dal Woyzeck di G. Buchner

drammaturgia Franco Dionesalvi

Il luogo è agreste, eppure indefinibile, "lunare". L'acqua è presente, e scorre e vive, dappertutto. In mille rivoli, frammentata, costante.
Franz è il primo ad entrare in scena. Fin dalle prime battute, rappresenta la sua inquietudine, il suo tormento interiore. Poi, attraverso secchi dialoghi, ma più spesso coi soli movimenti, con Maria, "spiega" la situazione, l'intreccio, che tuttavia nello spettacolo non viene raccontato, ma posto come premessa: il tradimento di Maria nei confronti di Franz, la scoperta da parte di Franz di quel tradimento, il suo tormento, la sua decisione finale di uccidere lei. Lo spettacolo parte da questo intreccio, e sviluppa invece una situazione poetica, una "danza" di immagini e di parole intorno ai temi e alle emozioni del racconto. La sequenza del delitto giunge più volte durante lo spettacolo. E, come in un film, si procede col metodo del flashback, tornando indietro a scandagliare altri particolari, a ricostruire i frangenti del delitto. Una ricostruzione nel senso psicologico, non poliziesco. Quanto al momento cruento, dell'omicidio, quello viene immaginato, da diversi punti di vista, ma mai mostrato. Attraverso la vicenda, gli autori vogliono affrontare il tema della difficoltà di comunicazione che attraversa la coppia nel nostro tempo, della sostanziale solitudine dell'uomo e della donna. La voglia e il bisogno di scambiarsi solidarietà e amore cozzano contro le barriere che lo sviluppo economico e culturale di fatto oppongono alla naturale espressione dei sentimenti e della voglia di vivere. Maria si rifugia nell'infanzia, nella memoria. E cerca un livello umano di vita in una dimensione in bilico tra fiaba e follia.

La paura, l'angoscia, il dilemma interiore sono i toni che predominano nella rappresentazione . Ha paura Maria, che spesso scappa per la scena inseguita non solo dal suo assassino , ma anche dai fantasmi che nascono nella sua mente.Ma ha paura anche Franz , che ama la donna che uccide, che nell'azione delittuosa realizza non la sua forza ma la sua impotenza .E' la giustificazione che dà a se stesso ricorda certe atmosfere della tragedia greca : quando dice "Ma io ...che potevo fare io ? " , protesta la sua impossibilità di opporsi a una logica che è più grande di lui e di cui è solo un povero esecutore .Poi , gli resta solo un grande urlo soffocato.
Progetto e regia Massimo Costabile
Interpreti Antonella Carbone, Massimo Costabile,
Manuela Rosini (sostituita da Donella Bucca)
Scene Massimo Costabile, Dora Ricca
Costumi
Realizzazione costumi
Antonella Carbone
Anna Muoio
Disegno Luci Paolo Carbone
Video Agostino Conforti
Foto di scena Francesco De Rose
Produzione Centro R.A.T. - Teatro dell'Acquario - 1988

Estratti dalla Rassegna Stampa
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L'Unità
04/03/1989

"... le citazioni esplicite dall'incompiuto quanto geniale dramma dell'autore tedesco si limitano a poche battute, accentrate nell'estremo colloquio fra Maria e Franz, quando lo sventurato protagonista è sul punto di uccidere l'amante traditrice: episodio qui visualizzato più volte, anche se il gesto omicida rimane sempre come sospeso a mezzo, immagine d'incubo più che evento materiale. E come in un sogno angoscioso.... L'insieme è di un'eleganza notevole." (Aggeo Savioli)

La Repubblica 07/03/1989

"Ricostruzione di un delitto, sorta di istruttoria clinica e visionaria delle pulsioni che inducono Woyzeck ad uccidere la compagna, è il condensarsi lento di un'estasi nera, un lavoro di frammenti e di immagini che Massimo Costabile ha tratto da Buchner per plasmare una serie di quadri scenici. Quello a cui si assiste è una radiografia di sensi riposti, di consapevolezze lancinanti..." (Rodolfo Giammarco)


Corriere dela Sera 04/03/1989

Costabile propone una sua favola drammatica, nelmorbido grembo di un bosco con riferimenti psicoanalitici e un'atmosfera tra il decadente e il liberty. Rimangono alcune grida, singulti spezzettati d'ascendenza buchneriana, ma la forma è poi divertsa, stilizzata con risvolti dolci e malinconici..." (Paolo Petroni

 


Il Piccolisssimo   (7/07/1988)

"...Un vero e proprio gioco ad incastri multipli. Una "ricostruzione" dal vivo, cioè dal di dentro, e senza "anestesia". Una storia ripercorsa nel disperato tentativo di trovare quel bandolo che non c'è. L'amore come metafora impossibile da decifrare. Urlato e negato. Coinvolto nel gioco perfido delle scatole cinesi dei desideri, delle passioni, delle paure. E' il delitto come "fine". Appuntamento ultimo ed inesorabile...." (E. C.)


Paese Sera 13/05/1989

"...il delitto, momento carismatico della messa in scena, è rappresentato attraverso dei flashback che, analizzando, scandagliando e ricostruendo l'azione, danno la possibilità di immaginare la dinamica dei fatti, pur non mostrandola nella sua interezza. Così il gioco psicologico viene fuori nella sua tortuosità, seguendo la migliore tradizione nera di certa narrativa. Inoltre, l'avvalersi di una tecnica cinematografica per la rappresentazione, colloca il Centro R.A.T. nei nuovi moduli di sperimentazione teatrale, in una ricerca di comunicazione spettacolare che punta sulla suggestione dell'immagine, filtrandola attraverso la sostanza del teatro..." (D.M.)


Gazzettino del Crati   (30/07/1988)

"...La regia di Massimo Costabile si fa apprezzare per la delicatezza di alcune soluzioni sceniche. Il pedale che usa è quello del rendere le cose in modo sommesso, appena accennato: questo comporta una stilizzazione sia scenica che recitativa che è una delle cose più belle dello spettacolo.Come nell'arte giapponese, qui tutto è ridotto all'essenziale...Un'atmosfera lenta, calma ma gravida di fermenti e tensioni che ci ha subito convinto: un'atmosfera e un "clima" da favola giapponese, da teatro NO, da film di Tarkovskij, così vagamente autunnale: un autunno spirituale, della nostra interiorità offesa nel cercare l'altro e nel trovare solo la proiezione di noi stessi, uno specchio d'acqua infranto dalle nostre lacrime colpevoli" (Angelo Fasano)


Il Centro - Quotidiano Dell'abruzzo  (27 /02/1989)

"...un lavoro in cui il linguaggio del teatro classico e el teatro di ricerca si mescolano e danno vita ad una rappresentazione dai toni poetici e drammaticamente intensi. Un'operazione che punta ad interiorizzare la vicenda per scavare nella psicologia dei personaggiUno spettacolo coinvolgente, esaltato dalla bravura degli interpreti..." (Jolanda Ferrara)


La Gazzetta del Mezzogiorno
   (14/03/1989)

"...Davanti ad un velo d'acqua gocciolante e frusciante (pioggia o liquido amniotico o valico trasparente) si succedono i frammenti visivi e verbali di Ricostruzione di un Delitto. In questa "Rivisitazione", l'elemento dell'uccisione è l'unico che viene trattato drammaturgicamente, e poi replicato, amplificato, rispecchiato, interiorizzato nel continuo proporsi dei due personaggi per svilupparsi poi in momenti visivi di fredda suggestione...." (Pasquale Bellini)


Il Giornale di Sicilia    (07 /05/1989)

"...Al buio si riesce a percepire solo lo sciacquio insistente. Forse la pioggia, o forse un ruscello che scende in mille rivoli lungo la parete. Lo spazio è un luogo agreste tto violento. Narrata con suggestione, fra mille rivoli d'acqua e foglie secche disseminate sul palco, la storia è quella di due amanti, la cui fine tragica viene lentamente ricostruita.... Simbolico e suggestivo, ma sempre contenuto e lucidamente razionale, è uno di quegli spettacoli che vanno visti..." (C.F.)

 

Unione Sarda
02 /04/1989
SE VA IN SCENA UN DELITTO...

"... Uccidere e morire di sete d'amore. Da uomo a inesausto rapace disalato, ridotto a barcollare sull'unico ponte che la vita gli tende. Con gli occhi piantati sull'abisso, sbarrati sul corpo di lei. Ucciderla per essere vivo e libero nella trappola dello "zero cosmico".... Lo spettacolo si manifesta sulla scena come un inquietante connubio di pulsione emotive ed esistenziali. Un gioco al massacro dei sentimenti che la regia ha proiettato sul palcoscenico in modo fin troppo essenziale..." (Robero Casu)


La Nuova Sardegna   (02 /04/1989)

"...Lui sa già che deve uccidere, lei, che dovrà essere uccisa: così la natura si compie. Non si può sfuggirle. Dal Woyzeck di Buchner, Costabile trae questo elemento di ineluttabilità per tracciare le suggestioni visive di Ricostruzione di un Delitto, che rivendica una propria originalità al di là dei riferimenti. Non è infatti una messinscena del Woyzeck nè propriamente una rilettura, anche se conserva alcune battute dell'opera buchneriana a guidare l'azione..." (R.S.)


Tribuna Sud Italia
(Agosto 1988)

"... lo spettacolo, estremamente castigato, lascia intuire, con eleganza, le scene cruente, mentre si sofferma con volute dilatazioni temporali sugli stati d'animo, sui percorsi mentali, dei personaggi, che vengono ripercorsi e scandagliati più volte e partendo da momenti sempre diversi della storia, con le tecniche del montaggio cinematografico e del flashback..." (F. D.)

Gazzetta del Sud (30/04/1989)

"...nessuna inchiesta poliziesca, in scena, bensì un'indagine sul fatto di sangue, in senso psicologico. Lo spettacolo infatti scandaglia tra gli stati d'animo in presenza dei quali esso matura: soprattutto la paura, l'angoscia, il dilemma interiore che l'esecutore del delitto e la vittima hanno in comune ..." (Antonio Garro)


La Sila (Giugno-Luglio 1988)

"Teatro di suggestione visiva, uditiva, sensoriale, umorale quello proposto dall'ultima produzione del Centro R.A.T., che reca, impressi in modo netto i segni del sogno in un contesto drammaturgico in cui la parola è ricondotta ad elemento magmatico del tutto: testo e gesto, segno coreografico e disegno scenico, movimento e stasi, sussurri e grida, musica e immagine. Ad essi la regia ha assegnato ruoli paritari si da lasciare ampi spazi ai vari linguaggi, che si diramano dal palcoscenico, dei corpi, dei suoni, delle luci, delle nenie, dei veli... " (Amedeo Furfaro)


Il Messaggero d'Abruzzo ( (24 febbraio 1989)

Una buona idea che viene dalla Calabria. Un'idea che si fa lavoro teatrale, un'idea che discende dal glorioso "Woyzeck" di Buchner.... La sequenza del delitto appare più volte nel corso dello spettacolo. Come in un film, si procede con il metodo del flash-back, tornando indietro per approfondire alcuni particolari, per costruire fatti e misfatti, le ragioni nascoste del delitto.


La Calabria (luglio 1988)

Lo spettacolo colpisce con spunti lirici, emoziona con immagini di grande impatto emotivo, incuriosisce. Il garnde lavoro che c'è dietro emerge chiaramente, rendendolo compatto, lineare; si coglie lo sforzo di non scegliere mai gesti scontati.... Certamente lo spettacolo più riuscito e convincente di Massimo Costabile.


La Gazzetta del mezzogiorno21/04/89

La tecnica del flashback aiuta a rievocare l'atto sanguinoso dell'omicidio, un attimo fugace, ma tanto intenso che si ripete all'infinito, come una sequenza di una pellicola inceppata. Intorno si muove l'indagine psicologica che porta alla "Ricostruzione di un delitto", spettacolo inquietante e magnetico. L'indagine, metodo narrativo che fonda le radici nella tragedia greca diventa l'immaginaria scalinata che Franz e Maria scendono fino ad inconfessati abissi cerebrali. Simbolico e suggestivo, ma sempre contenuto e lucidamente razionale è uno di quegli spettacoli che vanno visti, anche in virtù dei testi di Franco Dionesalvi e dell'ottima resa scenica.

La tournèe è iniziata a Erevan con lo spettacolo "Ricostruzione di un delitto". Passioni d'amore, così potrebbe chiamarsi questa rappresentazione. Massimo Costabile ha saputo interpretare le passioni, la gelosia, l'amore rispettando l'opera del drammaturgo tedesco,

Uno spettacolo bello ma nello stesso tempo crudele. Il dramma di Woyzeck viene interpretato liberamente, liberandolo dagli elementi sociali, lasciando solo la tragedia personale di Woyzeck e Maria. Il regista ha cercato di creare una simbiosi tra parola e movimento plastico.